Per capire se si tratta di un opportunità abbiamo provato a confrontarlo con l’ETF di Invesco che investe sull’S&P 500, ipotizzando di partire ad aprile 2005 con un capitale di €10.000.
Dopo 18 anni il buono ha maturato €7.494 di interessi portando il montante finale a €17.494 (€16.557 netti), mentre l’investimento in ETF vale oggi €51.234 (€40.514 netti), un differenziale di €23.957 al netto della tassazione e degli oneri fiscali. Il rendimento medio annuo realizzato dai due investimenti è stato rispettivamente del 3.16% (2.84% netto) e del 9.50% (8% netto).
Questo significa che scegliere l’investimento sbagliato ci costa mediamente il 5.24% all’anno di mancato rendimento, al netto della tassazione.
Sebbene l’oscillazione del valore dell’investimento in ETF sia di gran lunga maggiore, il tempo a disposizione rende la volatilità un’arma a nostro favore.
Su un orizzonte temporale così lungo nemmeno la tassazione agevolata e l’assenza di costi giustificano la scelta del buono fruttifero in termini di rendimento, rendendo migliore l’alternativa in ETF. L’ETF, a differenza del buono, non può essere intestato direttamente al minore ma può essere sottoscritto da un genitore con quella finalità.
In caso di smobilizzo anticipato per il buono occorrerà il consenso del giudice tutelare mentre l’ETF è liquidabile in ogni momento. Alla scadenza il buono diventa infruttifero mentre l’ETF continua nel suo corso.
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